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Le vicende si aprono nel Piemonte d’inizio ‘900, quando gli italiani, a milioni, lasciavano il loro Paese. Anche il nonno Giugiaro è a Parigi a sbarcare il lunario. Quando entra in scena, il futuro papà della Golf, della Panda, della Delta e di altre trecento automobili – di cui almeno una è entrata anche in casa nostra – sembra destinato a seguire le orme degli avi, pittori e decoratori. Ma Giorgetto accetta anche i consigli del padre, si tuffa nel mondo della tecnica. E allora addio monti e buongiorno città. La provincia è una scatola chiusa, Torino non è da bere, ma da sudare. Non c’è una scuola, ma due, i maestri sono grandissimi, ma qualcuno lo si incontrerà per caso. E poi gli uomini e le occasioni del destino, la scalata al mondo che già domina e quello che dominerà: Arese e Corso Marconi, Wolfsburg e Monaco, Tokyo e Seoul. Il viaggio di Giorgetto ha buoni compagni di strada, che animano i capitoli del libro. Nuccio Bertone, Giuseppe Lurani, Rudolf Hruska, Gianni e Umberto Agnelli, Carlo De Benedetti, Vittorio Ghidella, Ferdinand Piëch sono solo alcuni dei grandi timonieri che entrano in prima persona nel racconto. E poi la scoperta dell’Oriente, una rivoluzione tecnologica e culturale a cui nessuno, in Europa, allora prestava attenzione. La storia del successo di Giugiaro è modernissima e antica, una lezione da cui giovani e meno giovani, creativi di ogni campo possono trarre ispirazione.